venerdì 3 aprile 2009

BUCCINASCO: Controlli più severi sugli appalti


Meno parole e più fatti Insistere con le indagini
«Per combatterla», ha già detto Ferdinando Pomarici, capo dell' antimafia della Procura, dunque non uno qualunque, «bisogna verificare i controlli di appalto e di subappalto, sorvegliare i cantieri, vedere chi davvero ci lavora, chi fornisce i camion. E lo stesso bisognerebbe fare per la verifica del frenetico cambio di intestazioni di licenze commerciali, o per il censimento delle proprietà immobiliari». Il nodo è qui. Qui la ' ndrangheta comincia le scalate. Il prefetto Gian Valerio Lombardi garantisce che i controlli in chiave Expo, imbastiti proprio sulla catena degli appalti, «sono già partiti», e che anzi, quando i lavori andranno a regime, «verranno rafforzati». In un passaggio di questa conversazione con Lombardi sull' allarme del procuratore aggiunto di Palermo Ingroia («Gli amministratori lombardi convivono con la mafia»), il prefetto dice che «contano i fatti». E i fatti sono le due inchieste in pochi mesi. In estate, quella sulle infiltrazioni delle cosche Barbaro e Papalia nelle aziende del movimento terra a Buccinasco, Corsico, Assago; la seconda inchiesta la scorsa settimana ha portato in cella venti persone che puntavano a inserirsi nei cantieri della Tav. Pesanti e significative, le inchieste. Ma bastano le attività investigative? Non si potrebbe esercitare una maggior azione di prevenzione? È così impossibile stroncare l' avanzata negli appalti? Sempre Pomarici sottolineava: «Tutte le volte che abbiamo già forti sospetti, da loro non arriva mai la conferma». Loro sono gli imprenditori. Che sovente non vedono, fanno finta di non vedere. «Milano non è in mano alla ' ndrangheta» insiste a ripetere Lombardi. Ma, ribaltando, la ' ndrangheta ha le mani su Milano? «Non esiste una sola area in Italia», ha detto il procuratore antimafia Nicola Gratteri, super-esperto di ndrangheta, «dove si siano insediate le cosche». Gratteri è uno che esemplifica: «Sempre meno coppola, sempre più Internet». I capi delle cosche sono giovani, inseriti, in carriera. Sono milanesi. Non è gente scesa ieri mattina dalle montagne. È gente che vive di tecnologia. E che, dall' altra parte, viene inseguita da inquirenti in carenza d' organico, «senza strumenti, senza mezzi, senza vetture». È così da un pezzo, e la situazione non è granché mutata perché tanto, sintetizza un inquirente, «le emergenze sono altre, a cominciare dai clandestini e dal far quotidiano e consistente numero di arresti, e naturalmente siano gli arrestati boss o pesci piccoli poco importa».

fonte: corriere della sera

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